L'ambasciatore del formaggio italiano nel mondo
Formaggio grasso, di breve, media o lunga stagionatura, a pasta semidura o dura, filata.
E’ il formaggio del Meridione italiano. Talmente antico da venire chiamato “formaggio archeologico”. La tecnica produttiva varia da territorio in territorio, tranne per la filatura, che ne denota l'originalità e la qualità organolettica.
Molise, in particolare nel Matese, Frosolone (Isernia), Campobasso, S. Elia a Pianisi (Campobasso).
Forma a pera con testina del diametro di 16-22 cm e altezza di 18-28 cm, il peso è di 1,5-3 kg.
Viene denominato “formaggio archeologico” per la sua indiscutibile e lontanissima storia legata alla transumanza. Nel Molise è anche detto “checechevielle”.
Pasta dura, Pasta filata, Pasta semidura
Il latte viene inoculato con sieroinnesto e, alla temperatura di 38-40°, addizionato con caglio di agnello o di capretto. La cagliata subisce una rottura in due fasi alle dimensioni di un chicco di riso. La pasta viene poi lasciata depositare sul fondo della caldaia, dove rimane, sotto siero, ad acidificare. Dopo l’estrazione, viene tagliata a fette per essere filata in acqua a 80°. La formatura è a mano. Dopo essere stato raffreddato in acqua, il formaggio viene salato in salamoia.
Almeno 3 mesi.
La crosta è dura, liscia, sottile, di colore paglierino scuro o nocciola, presenta muffe con la lunga stagionatura. La pasta è semidura, compatta, abbastanza fessurata, di colore paglierino chiaro o paglierino, con occhiatura rada, di dimensione fine.
Formaggio grasso, di breve, media o lunga stagionatura, a pasta semidura o dura, filata.
Media, medio elevata.
Può essere consumato in purezza o con una bruschetta. Si abbina a vini bianchi o rossi di bassa gradazione alcolica e a birre chiare.