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Il colore giallo paglierino carico della pasta di un formaggio, dipende da razioni alimentari che privilegiano l’erba fresca

di Fernando Marzillo

L’importanza che una corretta alimentazione riveste sullo stato di salute dell’animale è cosa ben nota. Razionamenti alimentari non corretti o approssimativi sono causa di disordini metabolici. Acidosi e chetosi ruminale, steatosi epatiche, condizioni di ipofertilità ecc. impongono la massima attenzione dell’alimentarista per salvaguardare il benessere dell’animale e il conseguente reddito dell’allevatore.

Minor attenzione è invece rivolta a privilegiare nel razionamento delle lattifere, il consumo di foraggi freschi, che allo stato attuale i più ritengono essere causa di problematiche sanitarie (possibili aumenti delle cariche microbiche nel latte) e tecnologiche in fase di trasformazione (latti disomogenei che richiedono lavorazioni personalizzate “ad hoc”).

In realtà il foraggio fresco racchiude nel suo essere importanti costituenti in grado di modificare positivamente le caratteristiche nutrizionali ed organolettiche dei prodotti lattiero caseari. Tra questi i carotenoidi, pigmenti naturali, precursori naturali della vitamina A e considerati fattore di fertilità nella lattifera.

Il color giallo paglierino carico che caratterizza l’aspetto interno di un formaggio, viene spesso, ma erroneamente relazionato ad un prodotto più ricco di grasso: in verità è il risultato di razionamenti alimentari che privilegiano il consumo di erba fresca. Anche la struttura risente del tipo di alimentazione. Il caso più significativo è quello del burro estivo: quando ottenuto da razionamenti che contemplano il consumo di verde, al tatto si presenta più morbido, a motivo di una maggiore percentuale di acidi grassi insaturi il cui punto di fusione è più basso dei rispettivi saturi. Questi dati ci offrono alcuni importanti spunti di riflessione.

Il primo è relativo al potere antiossidante di tali pigmenti (nello specifico del beta-carotene) nei confronti degli acidi grassi insaturi e del colesterolo contenuti nel latte e nel formaggio. Alla luce di ciò il dibattito che negli ultimi decenni si è sviluppato intorno a questa innominabile parola, può circoscriversi in un ambito assai meno allarmistico. La pericolosità del colesterolo non riguarda in maniera assoluta il colesterolo in quanto tale, ma anche i prodotti che derivano dalla sua ossidazione, ovvero i radicali liberi responsabili come noto nel favorire i processi degenerativi cellulari. La capacità di ostacolare tali processi, viene espressa nel Grado di Protezione Antiossidante, il cui valore risulta tanto maggiore quanto più l’animale si nutre con erba verde magari al pascolo.

Ulteriori benefici effetti che tali razionamenti comportano, derivano sia dalla presenza di elevati quantitativi di acido linoleico coniugato (CLA) la cui azione viene definita anti-cancerogena, anti-trombotica e anti-aterogenica, sia da un equilibrato rapporto (6:1 o meglio 4:1) tra gli acidi grassi essenziali omega 6 e omega 3,importanti per la prevenzione e il trattamento dell’ipertensione, diabete di tipo 2, disturbi immunitari e infiammatori.

Razionamenti alimentari così impostati, arricchiscono (ferme restando corrette le varie fasi tecnologiche), anche i profili organolettici dei formaggi rispetto agli analoghi prodotti ottenuti da animali tradizionalmente allevati con alimenti che escludono il “verde”.

Ciò accade poiché nel corso della stagionatura si verificano importanti mutazioni degli elementi nutritivi operate da microrganismi ed enzimi, che conducono alla formazione di molecole volatili le cui prolungate persistenze gustative sono in diretto rapporto con la quantità di foraggio consumato e le cui caratteristiche sono specifiche di ogni essenza vegetale. Da qui l’importanza di foraggi provenienti da prati stabili polifiti in grado di assicurare continue evoluzioni nella pluralità degli aromi. Acidi grassi, alcoli, aldeidi, chetoni, terpeni, sono i composti volatili che si originano dai processi metabolici, responsabili delle sensazioni odorose percepibili all’assaggio.

Gli animali in alpeggio nei periodi estivi, beneficiano naturalmente di una così succulenta alimentazione. Al contrario troppi piatti unici a base di insilati, o monotoni razionamenti di fieno e concentrati, limitano le potenzialità nutritive ed organolettiche di latte e derivati. Fortunatamente alternative all’assolutismo imperante non mancano: prova ne è che tali “antiche” abitudini alimentari stanno ricomparendo grazie ad “innovativi” allevatori, tra i quali si annoverano anche coloro che producono latte da trasformare nel blasonato Parmigiano Reggiano.

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