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Secondo la Coldiretti l’iniziativa rischiava di mettere in ginocchio molti allevamenti del Nord Italia e tante aziende. Decisa la revisione

E’ stato salvato circa 1/3 della produzione nazionale di prosciutti e formaggi Made in Italy a denominazione di origine, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, messi a rischio da una scorretta definizione delle zone vulnerabili ai nitrati che avrebbe fatto chiudere migliaia di stalle. E’ quanto afferma la Coldiretti nell’evidenziare gli effetti del “piano salva stalle” siglato dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e dai ministri all’Agricoltura Maurizio Martina e all’Ambiente Gian Luca Galletti nell’ambito del forum “Made in Italy dopo Expo 2015”.

Il piano “salva stalle” prevede che – sottolinea la Coldiretti – entro 45 giorni il governo emetta un decreto per la ridefinizione delle zone vulnerabili, dopo il quale le Regioni avranno 30 giorni per disegnare la nuova mappa di gestione degli effluenti da allevamento. Le zone vulnerabili da nitrati – inizialmente designate dalle Regioni per fronteggiare la procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea per l’incompleto recepimento della direttiva comunitaria – risultano pari a circa 4 milioni di ettari, che si concentrano nelle aree di pianura e rappresentano quasi il 31,8% della superficie agricola utilizzabile secondo una mappa vecchia di oltre 20 anni che rischiava di mettere in ginocchio gli allevamenti del nord Italia (Veneto, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna) con migliaia di aziende destinate a chiudere e la conseguente perdita di posti di lavoro.
“L’accordo per la revisione è dunque un passo determinante per salvare gli allevamenti italiani e continuare ad assicurare la produzione di salumi e formaggi Made in Italy”,  ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “la revisione è giustificata dagli studi recenti dell’Ispra che hanno chiarito come il coinvolgimento della fonte zootecnica nelle problematiche ambientali sia del tutto trascurabile o minimo, mentre assume una forte rilevanza il contributo di altre sorgenti, in particolari minerali.
L’agricoltura – conclude la Coldiretti – ha un impatto di appena il 10% sulle falde, tutto il resto deriva da scarichi industriali e residenziali che si sono moltiplicati per l’espansione urbanistica.

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