Il formaggio è una cosa seria, bisogna conoscerlo, non “inventarselo” in cucina
Cosa c’è di più semplice del formaggio? Apparentemente nulla. Latte, caglio, sale e fermenti lattici. Tutto qua? È sufficiente mescolare questi ingredienti per fare un buon formaggio?
Quante domande. In effetti cerco di emulare quello che il consumatore pensa del formaggio, oggi, sì proprio oggi, nell’era della comunicazione, nell’era dei buongustai. Buongustai e comunicazione, quindi, quella comunicazione implementata dai social che permettono di far conoscere al mondo intero i prodotti che normalmente utilizziamo e quelli, come il formaggio, che in realtà non conosciamo.
Ormai si contano a migliaia i blog che trattano di cucina, che scrivono, o meglio fanno vedere con video, a volte professionali, come si fa a cucinare. Tra questi, anche video shock su come si fa il formaggio. Non mi dilungo su questa questione che ho già trattato. Ho voluto però iniziare con queste osservazioni per introdurre un semplice concetto.
Il formaggio può anche farsi da solo. Basta dimenticare il latte da qualche parte della casa. Ma è l’uomo che guida le fasi indispensabili affinché questo spettacolare prodotto possa diventare buono. Non è quindi sufficiente mescolare gli ingredienti di cui parlavo prima, è necessario conoscere gli effetti che questi hanno sulla materia prima, il latte. Invece i social, con le loro ricette formaggiose, trattano il latte come un banalissimo ingrediente di una qualsiasi ricetta. No, non va bene.
Insisto su un argomento che mi sta a cuore. Lasciamo che il formaggio venga prodotto da chi ha le conoscenze necessarie. Facciamo pure il formaggio in casa, ma a fronte di una buona formazione e un’ottima conoscenza della materia.
Mi capita ogni tanto di essere interpellato da privati o associazioni per tenere discussioni su questo delicato tema e la base del discorso è sempre quella appena descritta.
Apprendiamo le nozioni basilari che portano il consumatore, il privato, a conoscere il latte, a conoscere le funzioni della microbiologia applicata alla caseificazione, all’uso corretto dei coadiuvanti enzimatici come il caglio, alla corretta salatura. La conoscenza deve essere sempre alla base di questo processo.
Vedete, in poche righe vi ho detto che fare il formaggio è una cosa seria. Certo, può anche essere un divertimento, perché no, ma deve essere supportato da una sola finalità: fare bene senza correre rischi.
Mi rivolgo anche ai casari che spesso non hanno avuto la possibilità di formarsi, di crescere non solo nella pratica, ma anche nella grammatica. Aiutiamo il prodotto formaggio, soprattutto quello tipico, tradizionale, a crescere in qualità: è sufficiente curiosare proprio dentro la pentola del latte per capire che lì dentro c’è vita, e questa vita va aiutata per crescere al meglio. Questo è il formaggio, null’altro.